In Europa si è scatenata una "guerra" ai nomadi? Anticipiamo l'Editoriale del n. 38 di Famiglia Cristiana, in edicola dal 15 settembre.
14/09/2010
Una ruspa abbatte le capanne dei Rom sgomberati martedì 7 settembre dal campo che avevano occupato in una fabbrica dismessa di Milano, in via Rubattino.
Sgomberi ed espulsioni di zingari dappertutto. Virili dichiarazioni di “guerra” contro di loro in Francia. Una vera emergenza? Sembra di sì, vedendo tanto agitarsi . In realtà, insistere sulla minaccia zingara paga in termini di consenso. Anche se le minacce sulla società italiana o europea sono ben altre. Eppure, agitare un fantasma incombente (e poco consistente) è comodo.
La gente ha bisogno di scaricare il proprio disagio di fronte a un mondo confuso e a frontiere aperte. Si ignorano le difficoltà delle periferie e dell’integrazione? No, le difficoltà ci sono. Sono la faticosa integrazione dei Rom e spesso le penose condizioni in cui vivono. Lo mostra la speranza di vita dei Rom in Italia, che si aggira intorno ai 50 anni (come in Ciad, nel nostro Paese siamo sugli 82). La soluzione non sono gli sgomberi, che spostano il problema da una zona all’altra.
Guardiamo in faccia la realtà rom in Italia: 130-150 mila (di cui 60 mila cittadini italiani), circa 30 mila dell’ex Jugoslavia. La loro presenza è il nostro prezzo pagato per la crisi balcanica degli anni ’90 . I restanti sono romeni o bulgari, frutto di un’unità europea che genialmente non si pose il problema dei nomadi. La situazione dei Rom è dura. Ma si dimentica un fatto fondamentale: il 40% è in età scolare. Sono un popolo di bambini. L’integrazione si deve orientare su bambini e ragazzi attraverso l’inserimento scolastico. Gli sgomberi e gli spostamenti però rendono ardua quest’opera. Così i piccoli rom vanno verso un futuro simile a quello dei genitori. E il problema non si risolve. Ci vuole l’attuazione di un progetto di lungo periodo e non qualche sgombero con grancassa. Inoltre, nel quadro della legge, bisogna riconoscere in Europa spazio e diritto al nomadismo, che dura da secoli. Soprattutto le dichiarazioni pubbliche sul pericolo rom finiranno per creare un vero “antigitanismo”.
I Rom sono una minoranza europea, in parte nomade, senza diritti, mentre ne godono scrupolosamente minoranze di ogni tipo . Il motivo è che i Rom sono poveri. Sono un popolo (circa 12 milioni in Europa) che non ha mai avuto né terra né nazionalismo, che mai ha rivendicato niente se non lo spazio di una diversità. Non si ricorda nemmeno l’Olocausto di tanti zingari (dai 220 mila ai 500 mila) che, nei lager della morte nazisti, portavano il triangolo nero capovolto.
Questa memoria ci dovrebbe rendere accorti verso un risorgente antigitanismo. I gitani hanno pagato un duro prezzo . In Ungheria, ad esempio, ci sono stati attacchi e assassinii. Dobbiamo avere il coraggio di parlare di “antigitanismo“ e di uso politico di esso. Se a tutti i cittadini viene chiesta pazienza e responsabilità in un vivere sociale complesso (i cui problemi non vengono principalmente dai Rom), alle autorità si chiede un’azione di lungo periodo per l’integrazione e di evitare di accentuare l’allarme sociale.
Andrea Riccardi
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