Io, la festa di un popolo, l'ho sempre sognata come quella dei francesi il 14 luglio:
- che si saranno tagliate anche le teste, ci saranno state le guerre, ma alla fine "...una folla allegra e sorridente si riversa nelle strade, ai bambini si concede tutto, i bar possono allargare quasi al limite i loro dehors, si balla e si fa festa, si fanno pic nic sugli enormi prati tra la Tour Eiffel e l'Ecole Militaire e ci si emoziona a guardare i grandiosi fuochi d'artificio sugli Champs de Mars." [testo e immagine da MAGAZINE FOTOGRAFIA]
Mi piacerebbe che questo giorno di pazzia tranquilla e contagiosa fosse:
- un momento comune, da tutti condiviso;
- fosse concesso ANCHE ai Rom e ai Sinti, e che la loro giornata diventasse un'invasione pacifica delle nostre strade e delle nostre piazze.
"Fosse concesso", per la semplice ragione che Rom e Sinti non sono animali o fenomeni da baraccone (e neanche spaventapasseri da agitare in periodo elettorale): a festeggiare, a ricordare le loro storie - belle o brutte che siano - sono capacissimi da soli, nei loro tuguri isolati dal nostro mondo, ma vorrei che, magari un giorno all'anno, ci concedessimo NOI il lusso della loro compagnia.
8 aprile: GIORNATA INTERNAZIONALE DEL POPOLO ROM. La vigilia ero al Teatro Valle Occupato di Roma, a festeggiare il ROMANO DIVES conamici vecchi e nuovi da tutta Italia e anche dall'estero. E musica, balli, vino, poesia e teatro (persino una giornata di sole dopo mesi e mesi di pioggia!)... Che io fossi Rom oppure no, sono uscito dal teatro e mi pareva di camminare ad un metro da terra.
In città, in quelle stesse ore, si stava svolgendo un'altra festa, più laica e compassata ma altrettanto importante: le PRIMARIE per scegliere il candidato del centro-sinistra a sindaco di Roma. Non ho capito bene come (è un classico del nostro tempo: le notizie girano ma non le capiamo), la festa civile e democratica che doveva essere la conclusione delle primarie, si è tramutata in una bassa polemica sui Rom richiamati alle urne da qualche prebenda.
La prima cosa che mi è venuta in mente è stata: ma neanche il giorno della propria festa si può rimanere in pace?? O dite che la cosa è stata fatta apposta?
Io non lo so, chi ha lanciato il sasso, pronta, ha ritirato la mano: "Non è razzismo!" si è subito giustificata. Così qualche ora dopo (mi aspettavo una reazione sincronica del PDL, lo ammetto), è il Movimento 5 Stelle, anzi il suo candidato a sindaco di Roma, che riprende la palla con la foto riportata sotto.
Devo dirlo, la tristezza è triplicata:
- perché così si sono rovinate due feste lo stesso giorno, e chi non sa godersi l'atmosfera della festa, non sarà (credo) qualcuno di cui fidarmi;
- Cristiana Alicata e Marcello De Vito non sono residuati bellici, sono invece quella politica che avremo di fronte in un futuro prossimo, sono quello si dice "IL NUOVO". Un nuovo, che non riesco a distinguere dal resto del vecchiume.
Termino, ricordando una bella pagina: Laura Boldrini, la Presidente della Camera, che riceve una delegazione di giovani (ancora, il futuro che ritorna) rom e sinti proprio l'8 aprile. Qualcosa si è rotto nel silenzio dei media, e così la notizia gira su diverse testate. Ne parla anche il Giornale, con un articolo che non condivido, ma mi è piaciuto perché rispettoso, anche se critico.
Quello che nuovamente mi ha rattristato sono i commenti, beceri, di chi fa di tutto per dimostrare che punti di contatto non ne vuole, non ne cerca, neanche un giorno all'anno.
Non sono rom, questo almeno lo so, ma quel che è peggio è che in momenti simili, credo di non essere più nemmeno italiano. Forse, è giusto così.
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