sabato 19 maggio 2012

I Diversi


Tratto da un recente scambio di opinioni:
Nell'introduzione leggiamo: "Quelli di cui parlo non sono Rom immaginari o da rotocalco, ma persone reali con cui ho agito, discusso, riso, litigato per anni". Quale è la Sua esperienza personale con la comunità rom?
Quella di una comunità piccola, rinchiusa ed assediata. Al di là di questo, composta da gente che ha, come me o come il mio vicino di casa, problemi, aspettative, guai e speranze...
    Ho ritrovato un post che fece scandalo nella sonnacchiosa comunità dei blog di Tiscali, del 17 marzo 2005:
Vittorio: "Per come è oggi la situazione, è meglio vivere in un appartamento, soprattutto per i nostri figli. Nei campi spesso c'è troppa violenza, e la situazione igienica non è certo delle migliori".

Rita, sua moglie: "Certo, io pur non essendo una zingara preferivo la vita nei campi. Anche i nostri bambini stavano meglio. Quando ci siamo trasferiti in appartamento non riuscivano a dormire, si sentivano soffocare e poi sentivano la mancanza dei loro amici. Nei campi si vive tutti insieme, in questi palazzi, invece, ognuno pensa per sé".

Ivan: "Tutte le mattine devo timbrare il cartellino alle otto. È mio padre che tutte le mattine mi accompagna all'autobus in macchina. La mia vita è cambiata completamente, vivo con i miei e prima andavamo avanti col contagocce, oggi ho dodici mensilità, tredicesima e quattordicesima. Sul posto di lavoro nessun problema, essere zingaro non ha provocato reazioni negative fra i miei colleghi. I miei colleghi non sono bambini, sanno che vivo in un accampamento, ma non è un problema."
testimonianze da: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti, Giliola Verza ed. Vivereoggi – Comune di Milano

Francesco: "La nuova sistemazione abitativa ha fatto emergere anche nuovi problemi cui devo dedicare la mia attenzione e il mio impegno. Devo occuparmi degli attacchi della luce, delle giovani coppie in cerca di casa e dei rapporti tra il nuovo quartiere e gli altri cittadini di Cosenza.
Non è facile il mio ruolo; mentre prima della realizzazione del villaggio mi occupavo della sola questione abitativa, ora affronto tutti i problemi, sono un mediatore 'globale', usando una parola imparata dei miei amici del Movimento per la Pace che ho frequentato da quando siamo usciti dalla baraccopoli e viviamo più intensamente la vita cittadina.
L'uscire dall'emarginazione mi ha permesso di acquistare maggior sicurezza nelle mie capacità. La responsabilità acquisita, grazie all'incarico di mediazione dell'Opera Nomadi, mi ha spinto a partecipare con consapevolezza a tutti gli incontri con le autorità, come ad esempio il Giorno della Memoria, organizzato insieme al Comune di Cosenza per ricordare i Rom e i Sinti sterminati dal nazi-fascismo.
L'arrivo nella nostra città di un gruppo di Rom, provenienti dalla Serbia, è stata l'occasione per conoscere la lingua che parlavano i miei nonni: quel romanès che vorrei portare nelle scuole."
atti del convegno: LA MEDIAZIONE CULTURALE, una scelta, un diritto – Istituto di Cultura Sinta – Mantova 2004

Parlando con un amica al campo: "Quand'ero più giovane, sono andata a chiedere l'elemosina. Non perché mi piacesse, ma perché non c'erano alternative. Adesso qualche volta lavoro, non lo farei più. I miei genitori erano analfabeti, io ho studiato in collegio. Le mie figlie adesso frequentano le superiori. Ecco: non voglio che loro debbano mai chiedere l'elemosina, sarebbe l'unico motivo per tornare a farlo io!
Loro sono diverse da me: figurati che adesso si preoccupano della linea! E poi, io alla loro età mi vestivo come capitava, loro vanno a scuola e vogliono non sfigurare di fronte alle loro amiche gagi. Così, mi chiedono i soldi per i vestiti. Ma di soldi, ne girano sempre pochi. Così ho risposto: la mattina andrete a scuola, il pomeriggio a lavorare. Anche come lavapiatti, non importa. Non torno a chiedere la carità per comperarvi vestiti."

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