sabato 15 febbraio 2014

Rapporto sul riutilizzo, dai rom "un vero e proprio know-how"


08 febbraio 2014 - La relazione dell'Occhio del Riciclone da il punto sulla situazione dei rom nelle città italiane, in merito alle attività lavorative collegate al settore: "Occorre combinare opportunità di formazione e di reddito, creando centri di riuso e riparazione, aree di libero scambio e sportelli municipali"

ROMA - Il rapporto nazionale sul riutilizzo 2013, presentato dalla rete nazionale di operatori dell'usato e realizzato dal centro di ricerca economica e sociale "Occhio del riciclone", con il patrocinio del ministero dell'Ambiente, fa il punto sulla situazione dei rom, nelle città italiane, in merito alle pratiche e attività lavorative collegate al settore. "Siamo di fronte ad un vero e proprio know-how", racconta Gianfranco Bongiovanni, responsabile sociale del lavoro per l'organizzazione "Occhio del riciclone"- "si deve trovare il modo per formalizzare soluzioni concrete, combinando opportunità di formazione e di reddito, basterebbe seguire alcuni semplici passi, creare centri di riuso e riparazione per la raccolta e selezione dei beni usati, istituire aree di libero scambio, aprire sportelli municipali per le fasce deboli, far emergere le microimprese e costituire cooperative sociali".


Come ha fatto il comune di Torino, "che dal 2010 ha creato un'area di libero scambio dove si ritrovano Rom, comunità straniere, ex-operai, cassaintegrati. Sono due le zone in questione e una di queste è all'interno dello storico mercato del Balan, nel quartiere Borgo Dora, ed è un'area gestita dall'associazione omonima (Balan), l'altra in piazza della Repubblica, ed è l'associazione Bazar project che se ne occupa".
Riguardo a questa tematica, negli ultimi anni, "Roma ha fatto invece passi indietro nell'opportunità di includere le economie informali, all'interno di una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti e nell'inclusione sociale di queste attività". "Il comparto dell'usato è un ammortizzatore sociale naturale, poiché chi ha mancanza di capitali la prima cosa che fa è vendere ciò che possiede oppure gli oggetti non utilizzati della propria rete di conoscenze, questi beni costituiscono una risorsa economica per il sostentamento del proprio nucleo familiare", dice Bongiovanni. Con il tempo, questi mercati, dove lavoravano i Rom, sono stati chiusi, creando così fenomeni di caporalato e taglieggiamento a operatori Rom, spingendoli tra l'altro a portare le loro mercanzie in aree non autorizzate, quindi esponendoli ancora di più al rischio di infrazioni e di ritiro della merce".

Realizzare un area legale di libero scambio in territorio romano potrebbe essere una maniera interessante per consentire una formalizzazione graduale di questo tipo di attività. "Nel rapporto sul riutilizzo 2013 ci sono delle indicazioni che possono aiutare gli amministratori locali a intraprendere dei percorsi per l'istituzione locale alla creazione di questi spazi anche con una certa celerità perché le esigenze dovute anche alla crisi economico-sociale sono sempre più pressanti", racconta Dongiovanni. "Intorno al riutilizzo stanno nascendo realtà interessanti come quelle della riconversione di spazi lavorativi, come le ex officine per la manutenzione dei treni di Roma o l'ex Maflow di Milano. Sono tante le persone che insieme ai figli, attraverso l'attività di rivendita dell'usato, riescono a mandare avanti la famiglia, come persone che volevano intraprendere una loro attività, ma che non sono riuscite a emergere a causa delle difficoltà della normativa attuale". "Senza dubbio, conclude Bongiovanni, il problema è la mancanza di spazi autorizzati dove commercializzare beni usati, al fine di poter rendere questa attività un vero e proprio progetto di vita".
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