foto da Archivio ROMANO LIL
La festa dei Santi medici Cosma e Damiano che si tiene a Riace nei giorni del 25, 26 e 27 settembre, alla quale partecipano tantissime persone rom e non- rom, è un grande evento interculturale, che proviene dall'antica civiltà contadina.
Questo mondo, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta scomparve con lo sviluppo dell'urbanizzazione, aveva elaborato importanti valori sociali, come quello della relazione tra gruppi "diversi", che consentiva di vivere e "costruire" assieme.
Ma il tramonto della cultura contadina è avvenuto eliminando la gran parte dei suoi valori, e abbracciando la cultura dell'urbanizzazione con le sue "false" promesse di progresso e di sviluppo e con la pratica dell'emarginazione sociale dei cittadini più deboli.
Difatti, il grande regista De Seta nel suo documentario "In Calabria", del 1993, si interrogava sulla scelta negletta di distruggere il mondo contadino, senza mantenere i suoi valori principali, e di accettare, a occhi chiusi, l'urbanizzazione selvaggia.
Nonostante la scelta fatta, una traccia di quel mondo antico è rimasta nella festa di Riace e nella vita civile di questa piccola cittadina, diventata un esempio di civiltà per l'accoglienza offerta ai "migranti".
De Seta, da fine osservatore dei fatti, nel suo documentario descrive la festa affermando che "...si distingue dalle altre, perché in comune tra gli abitanti del paese e gli zingari che per l'occasione affluiscono in gran numero...".
E' proprio così. La festa di Riace, nata dalla civiltà contadina calabrese, continua, ancora oggi, a essere festa " in comune ", a coniugare, a saldare, a far incontrare. Mantiene tutto il simbolismo e la forza di quel mondo che sapeva unire le "diversità", sviluppando autentica coesione sociale. Mentre la società moderna, piegata dai valori della competizione, "costruisce" conflitti tra le parti, si inventa lo "scontro di civiltà" ed emargina i gruppi più svantaggiati, che considera troppo "diversi".
Il pellegrinaggio annuale a Riace, per i rom calabresi è un fatto che ha segnato la loro storia e che, ancora oggi, rappresentata un avvenimento che continua a caratterizzare la loro religiosità e le loro relazioni sociali.
Il pellegrinaggio annuale a Riace, per i rom calabresi è un fatto che ha segnato la loro storia e che, ancora oggi, rappresentata un avvenimento che continua a caratterizzare la loro religiosità e le loro relazioni sociali.
La festa dei due Santi, si è celebrata a Riace a partire dal 1671, data in cui le autorità religiose approvarono al culto le reliquie dei due Santi. Insieme alla festa religiosa si tenne, dal 1671 fino a qualche decennio fa, una delle maggiori fiere di bestiame e mercanzie della regione, che richiamava mercanti da tutta la Calabria e da altre regioni del Sud Italia. I rom , presenti in Calabria dalla fine del 1300, avendo sviluppato tra le loro attività tradizionali il commercio del bestiame, parteciparono, fin dal XVII secolo, alla grande fiera e alla festa religiosa, costituendo un'importante presenza, che è rimasta costante nel corso di quasi tre secoli e mezzo.
La loro partecipazione ai festeggiamenti religiosi, li ha portati a sviluppare una "propria devozione" religiosa che ha caratterizzato e caratterizza ancora l'evento.
La festa "in comune" è nata in un periodo storico in cui i rom calabresi, dal 1300 fino alla metà del 1900, furono parte integrante del mondo contadino , garantendo i servizi di manutenzione dell'attrezzatura agricola e di commercio del bestiame. Inclusi in modo interculturale nell'antica società contadina, i rom calabresi contribuirono, al pari di altri gruppi, allo sviluppo della civiltà rurale della nostra regione. Lungo il corso dei secoli, la cultura rom e quella contadina si sono reciprocamente ibridate, attraverso l'influenza reciproca e lo scambio di elementi.
La festa "in comune" è nata in un periodo storico in cui i rom calabresi, dal 1300 fino alla metà del 1900, furono parte integrante del mondo contadino , garantendo i servizi di manutenzione dell'attrezzatura agricola e di commercio del bestiame. Inclusi in modo interculturale nell'antica società contadina, i rom calabresi contribuirono, al pari di altri gruppi, allo sviluppo della civiltà rurale della nostra regione. Lungo il corso dei secoli, la cultura rom e quella contadina si sono reciprocamente ibridate, attraverso l'influenza reciproca e lo scambio di elementi.
E' così che i rom cominciarono a partecipare non solo alla fiera di Riace, ma pure alla festa religiosa, facendola diventare un elemento centrale della loro religiosità, e arricchendo la festa con una nuova forma di culto, fatta con la musica e la danza apprese dagli stessi contadini, mettendoci le loro libere interpretazioni.
Questo reciproco arricchimento culturale, dato dalla "connessione-mescolamento" delle culture, è quanto è avvenuto nell'antica comunità rurale calabrese, oggi considerata "arretrata".
Questo reciproco arricchimento culturale, dato dalla "connessione-mescolamento" delle culture, è quanto è avvenuto nell'antica comunità rurale calabrese, oggi considerata "arretrata".
Da qualche decennio la grande fiera di Riace non si tiene più, ma la festa continua ad essere celebrata attraverso il culto religioso e l'incontro sociale tra i diversi gruppi, in un clima di costante accoglienza interculturale.
Oggi, che la civiltà contadina non esiste quasi più, e la minoranza rom è vista dalla comunità urbana come un "problema sociale", questa festa rappresenta, ancora, un esempio concreto di apertura all'"altro".
Anche la Chiesa locale, negli ultimi anni, partendo proprio dall'esperienza "plurale" offerta dalla festa ha cominciato a comprendere l'importanza della devozione dei rom e ha mosso i primi passi per rispettarla nelle sue forme specifiche.
Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che la festa di Riace è un passato che continua a parlare al presente per la costruzione della convivialità dei gruppi.
Reggio Calabria, 15 settembre 2013
Reggio Calabria, 15 settembre 2013
OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA
Il presidente
Antonino Giacomo Marino
Il presidente
Antonino Giacomo Marino
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