Premessa: non pretendo che sia chiaro tutto ciò che scriverò, ma concentratevi sulle foto e forse capirete.
Ho in mente il giorno della Memoria appena passato, ci ho fatto il callo: per qualche settimana i giornali (per non parlare delle anime belle su Facebook e dintorni) riscoprono le "vittime" di una storia accaduta 70 anni fa. Tutti a mostrarsi "democratici" (e possibilmente carini) perché questa memoria non vada persa, almeno un giorno all'anno.
Ma il resto dell'anno è un tritacarne sociale continuo, che vede all'opera nuovi aguzzini e (come allora) altri (tanti) che sempre fanno finta di non vedere, come se la violenza non riguardasse delle persone, ma ancora dei "sotto-uomini".
Ho in mente la violenza degli sgomberi, le baracche distrutte dai bulldozer, i bambini allontanati dalle scuole... e poi resiste un'altra violenza, meno fisica ma descritta ampliamente in tante testimonianze dai campi di concentramento: volere annientare moralmente una persona.
Arriviamo alle foto, quindi. Sono quello che resta di un campo che era vivibile e vivace. E di una piccola cappella, che era stata voluta e costruita materialmente da chi il campo lo abitava.
Così le parole di Jovica Jovic, lo scorso 13 luglio: "avevo ottenuto il permesso per costruirla, ed ero felice. Era stata benedetta da otto parrocchie della zona e da un sacerdote ortodosso della Croazia. Una chiesa aperta a tutte le religioni, per distruggere il male col bene. Ce l'ho fatta ed ha avuto una caduta positiva nel campo. Adesso non riesco a farmene una ragione, che vogliano mandarci via e al posto della nostra chiesa mettere la quinta discarica di Rho! E' una grave offesa a Dio e agli uomini..." Rileggetevi tutta la storia.
Mentre crescevano le voci di chi al posto del campo voleva costruire una discarica ("Discarica più etnia è uguale a pulizia etnica."), io da ateo avevo l'impressione che Jovica fosse più offeso da quella mancanza di rispetto verso i suoi profondi sentimenti religiosi, che dalla minaccia dell'ennesimo sgombero.
Forse perché uno sgombero è solo la dimostrazione di chi ha la forza, ma i sentimenti sono quelli che ci legano tutti come persone appartenenti ad un unico mondo.
Lo sgombero è avvenuto (resta solo la magra soddisfazione, che poco dopo anche il sindaco "cattolico" Zucchetti è stato sgomberato dalla sua carica), ma lo sguardo di Jovica, tornato dal suo personale viaggio della memoria, voglio che non ci abbandoni.
E che ci restino in mente anche il capannone ritratto nella prima immagine, il terreno brullo che vediamo, perché PROPRIO IN QUESTI GIORNI, sono quanto di più simile e vicino abbiamo alle foto di Auschwitz d'inverno.
Gli anni NON sono passati, ce lo ricordano queste cronache dalla Serbia e da Arezzo di 10 giorni fa.
Il campo di Rho, la sua chiesetta, gli amici e la gioia, ricordiamoli con le foto di un anno fa.
Grazie ad Ivana Kerecki e Cristina Simen per la collaborazione. Chi volesse, può richiedermi le foto in formato originale, scrivendo a info@sivola.net
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