sabato 29 gennaio 2011

Dio era una zingaro (forse)

Premessa: non pretendo che sia chiaro tutto ciò che scriverò, ma concentratevi sulle foto e forse capirete.

Ho in mente il giorno della Memoria appena passato, ci ho fatto il callo: per qualche settimana i giornali (per non parlare delle anime belle su Facebook e dintorni) riscoprono le "vittime" di una storia accaduta 70 anni fa. Tutti a mostrarsi "democratici" (e possibilmente carini) perché questa memoria non vada persa, almeno un giorno all'anno.

Ma il resto dell'anno è un tritacarne sociale continuo, che vede all'opera nuovi aguzzini e (come allora) altri (tanti) che sempre fanno finta di non vedere, come se la violenza non riguardasse delle persone, ma ancora dei "sotto-uomini".

Ho in mente la violenza degli sgomberi, le baracche distrutte dai bulldozer, i bambini allontanati dalle scuole... e poi resiste un'altra violenza, meno fisica ma descritta ampliamente in tante testimonianze dai campi di concentramento: volere annientare moralmente una persona.

Arriviamo alle foto, quindi. Sono quello che resta di un campo che era vivibile e vivace. E di una piccola cappella, che era stata voluta e costruita materialmente da chi il campo lo abitava.

Così le parole di Jovica Jovic, lo scorso 13 luglio: "avevo ottenuto il permesso per costruirla, ed ero felice. Era stata benedetta da otto parrocchie della zona e da un sacerdote ortodosso della Croazia. Una chiesa aperta a tutte le religioni, per distruggere il male col bene. Ce l'ho fatta ed ha avuto una caduta positiva nel campo. Adesso non riesco a farmene una ragione, che vogliano mandarci via e al posto della nostra chiesa mettere la quinta discarica di Rho! E' una grave offesa a Dio e agli uomini..." Rileggetevi tutta la storia.

Mentre crescevano le voci di chi al posto del campo voleva costruire una discarica ("Discarica più etnia è uguale a pulizia etnica."), io da ateo avevo l'impressione che Jovica fosse più offeso da quella mancanza di rispetto verso i suoi profondi sentimenti religiosi, che dalla minaccia dell'ennesimo sgombero.

Forse perché uno sgombero è solo la dimostrazione di chi ha la forza, ma i sentimenti sono quelli che ci legano tutti come persone appartenenti ad un unico mondo.

Lo sgombero è avvenuto (resta solo la magra soddisfazione, che poco dopo anche il sindaco "cattolico" Zucchetti è stato sgomberato dalla sua carica), ma lo sguardo di Jovica, tornato dal suo personale viaggio della memoria, voglio che non ci abbandoni.

E che ci restino in mente anche il capannone ritratto nella prima immagine, il terreno brullo che vediamo, perché PROPRIO IN QUESTI GIORNI, sono quanto di più simile e vicino abbiamo alle foto di Auschwitz d'inverno.

Gli anni NON sono passati, ce lo ricordano queste cronache dalla Serbia e da Arezzo di 10 giorni fa.

Il campo di Rho, la sua chiesetta, gli amici e la gioia, ricordiamoli con le foto di un anno fa.

Grazie ad Ivana Kerecki e Cristina Simen per la collaborazione. Chi volesse, può richiedermi le foto in formato originale, scrivendo a info@sivola.net

sabato 22 gennaio 2011

Una famiglia si racconta

Circa due mesi fa ho conosciuto Davide Castronovo, coordinatore del presidio sociale presso il campo sosta di via Chiesa Rossa. E' seguita il mese scorso una visita al campo, e l'ultimo fine settimana ci siamo ritrovati con la famiglia Frosh per una chiacchierata, a cui ha collaborato anche Davide.

Da subito si sono mostrati interessati a questo blog e alle notizie che pubblico. Mi fanno vedere un computer portatile. Si collegano a internet con la chiavetta.

Alex (30 anni): Perché la rete telefonica non funziona mai. Ci sono delle capocchie sigillate, come a Venezia, ma sono sempre allagate lo stesso.

Quando è nato il campo c'erano l'ing. Luigi Pagnoni, il dottor Prina e Carlo Cuomo, ma c'erano solo le piazzole, la strada era già asfaltata.

Abbiamo chiesto la linea telefonica e ci hanno risposto: "Ma volete anche il telefono??" (ride)

Giuliano (suo padre): La nostra lingua è romanés harvato, istriano, tutto misto.

Siamo arrivati a Milano nel 1968, eravamo in via Negrotto, che è stato il primo campo a Milano. Poi siamo andati, abusivamente, in via Castellamare, ed infine in via Giovanni Fattori dal 1978. Sempre nella stessa zona.

Alex: Fino al 20/2/2000, quello lo ricordo bene.

Giuliano: Quando siamo arrivati, lì c'era una discarica, abbiamo spianato, buttato la ghiaia, e poi andavamo in comune a chiedere di darci l'acqua e la luce. Aprivamo un tombino e si prendeva l'acqua, ho preso anche una denuncia per questo...

Dopo 20 anni ci hanno dato una fontana e un allaccio volante per tutti. L'acqua arrivava col contagocce.

Eravamo circa 160.

Nel 1968 il comune aveva aperto una specie di cantiere solo per i nomadi, all'epoca davano 500 lire al giorno. Abbiamo sistemato la Montagnetta, giardini, tagliato l'erba, e poi i marciapiedi in Bovisa, a Quarto Oggiaro e in via Console Marcello.

Lavoravamo un po' tutti, il problema è che tra noi si parlava nel nostro dialetto e la gente ci identificava come zingari, anche se non facevamo niente di male. Questo succede anche oggi.

E poi allora c'era una cooperativa, veniva al campo per l'ingaggio e ci davano dei soldi, in nero, naturalmente. Io ho lavorato con loro anche se ero minorenne. Era meglio di adesso, perché allora c'era lavoro per tutti.

Allora volevamo veramente integrarci, ma non ci siamo mai riusciti. Quando si scopriva che eravamo rom, le ditte ci mandavano via. Ho lavorato alla ESSO e col caposquadra non c'erano problemi, ma il direttore aveva un po' di pregiudizi quando ha scoperto dove abitavamo.

Insomma, si lavorava col comune ed in nero con qualche cooperativa.

Non vi sentite isolati a vivere qui lontano da tutti?

Alex: Integrazione: ormai siamo più che integrati.

Ti posso dire che è una scelta di vita. Mia sorella ha provato a vivere in appartamento assieme al suo ragazzo, ma c'erano tanti problemi con la madre di questo ragazzo. Allora sono tornati qua tutti e due. Quello che sei non lo puoi cambiare.

I vicini non ci accettano. Un'altra mia sorella ha preso un appartamento in affitto, lei a vederla non sembra rom; è andato tutto bene le prime due settimane. Ma i bambini giocavano sulle scale, e naturalmente facevano rumore e parlavano la nostra lingua. Ci sono stati reclami all'amministratore. La cosa è andata per quattro mesi. Poi sono andati via per evitare grane.

Giuliano: Noi non volevamo venir qui da Palizzi Fattori. Noi non volevamo e la gente qui attorno nemmeno.

Quindi giovani e anziani la pensano nella stessa maniera?

Giuliano: Quando siamo arrivati qua, volevano costruire una scuola dentro il campo, solo per Rom. Quella sarebbe stato un vero ghetto. Invece i bambini per fortuna vanno alla scuola normale, c'è uno di noi per classe.

Un giovane può sempre cambiare, io non ce la farei mai, chiuso in casa è come stare a san Vittore.

Ad esempio, siamo abituati a parlare a voce alta, e questo non lo sopportano.

Il campo ha sempre avuto casette simili?

Giuliano: Per le case il comune ha dato permesso di costruire senza fondamenta, sono le case che avevamo in Palizzi Fattori e il comune le ha portate di qua. La mia casa ad esempio è a moduli. Allora ci hanno dato 8 milioni per la buonuscita, e chi doveva trasportare la casa ha pagato di tasca sua.

Alex: I bagni invece li ha fatti il comune. Noi abbiamo fatto tutto il resto, ad esempio abbiamo piantato gli alberi. I bagni sono dei container e valgono niente.

Secondo voi, di che lavori avrebbe bisogno il campo?

Alex: Il lavoro più urgente sarebbe di rifare tutti i bagni. Dare un'occhiata alla fognatura, perché la manica del depuratore non funziona.

Davide: La vasca è troppo bassa e piccola.

Alex: La pavimentazione è tutta da rifare.

I contatori sono isolati in una colonna all'ingresso del campo: da un lato va bene perché non portano via spazio nella piazzola, ma dall'altro chiunque può staccarli o manometterli, e i pozzetti sono sempre sott'acqua.

E poi abbiamo il problema di una casa che il comune ha abbattuto ad agosto, e le macerie sono ancora lì.

Comunque, ho girato tanti campi a Milano e anche a Saronno e Varese, ma il migliore che ho visto è questo. E' stato qui anche un rom francese, e anche lui la pensa così.

Davide: I lavori di ristrutturazione dovrebbero riguardare le fognature e gli allacciamenti del gas.

Poi è previsto un rimpicciolimento del campo sulla base delle famiglie che sono state allontanate e di quelle che hanno deciso di uscire dal campo. Il comune ha messo a disposizione pochi strumenti, contraddittori tra loro..

Siete in 150/160 persone. Tra di voi ci sono problemi di convivenza?

Alex: Siamo divisi in famiglie, con qualcuna si può convivere, con altre è impossibile. E' una guerra continua, e poi naturalmente c'è omertà

Ti faccio un esempio: se io mi spostassi sulla piazzola sgomberata ad agosto dal comune, la famiglia che prima era lì lo considererebbe un affronto.

Davide: Questo dovrebbe diventare un campo di transito, dove rimanere al massimo 3 anni (dal 2008, quindi il termine scadrebbe adesso). Ma ci sono le elezioni, e non si sa come andrà a finire il tutto.

Il problema degli spazi vuoti può diventare esplosivo, ci vuole capacità di mediazione. Ad esempio, c'è una signora che è in mezzo alla strada con la sua roulotte, non vuole ritornare sulla sua piazzola perché lì è morto suo marito.

Alex: Ho paura che il comune ci dica: o vai su questa piazzola, o finisci in mezzo alla strada.

Ho sempre l'idea che il comune non prenda mai decisioni definitive. Ad esempio, qua ci sono le telecamere a circuito chiuso?

Giuliano: No. Abbiamo detto che è una questione di privacy (ride).

Davide: Metterle era nella intenzioni della prefettura e del ministero degli interni.

Abbiamo approfittato del momento particolare: la Moioli si scornava con De Corato; i vigili urbani litigavano con De Corato perché ogni giorno c'erano sgomberi... gli abitanti, anche grazie al confronto con la cooperativa, sono stati bravi a organizzarsi come interlocutori della forza pubblica.

Inoltre c'era stato da poco l'abbattimento della casa e probabilmente il comune voleva recuperare il rapporto col resto del campo.

Alex: Rimangono le telecamere sulla strada, ma quelle ci sono in tutta Milano.

Cosa vi aspettate dalle prossime elezioni?

Alex: Ho idea che chiunque ci sarà, per noi le cose non cambieranno.

Se qualcuno si mette a parlare bene dei campi e dei sinti, chi ti vota più?

venerdì 7 gennaio 2011

Seconda missiva al sindaco di Sesto Fiorentino

Sui recenti eventi a Sesto Fiorentino (leggi QUI e QUI) segnalo questa lettera di Franco Marchi

Egregio sindaco Gianassi,

Ho letto con piacere la missiva inviata a don Alessandro Santoro (leggi QUI ndr).
Le avevo scritto un altro messaggio, e penso che ne abbia ricevuti molti e che non possa rispondere a tutti, considero quanto scrive a don Alessandro come una risposta a me e ad altri che le hanno scritto. Ed altri leggeranno la mia missiva a Lei per semplificare le comunicazioni, cosa che so che è cosa alla quale Lei tiene per come vedo che ha organizzato e razionalizzato la stessa.

Come le scrivevo ho letto la sua breve biografia sul sito del comune e non le nascondo che mi piace. E proprio per questo, in questa missiva che leggerà la sua segreteria sarò franco e spero conciso.

Trovo una sorta di affanno nel leggerla. Un affanno che forse nasce dal fatto che dal 1990 i trasferimenti agli enti locali territoriali sono in continuo calo e per un amministratore che desidera amministrare in forma corretta è fonte sia di ansia sia di limiti che a volte possono costringere a delle scelte nel destinare le risorse.

A Quaracchi non può e non deve vivere nessuno, sottoscrivo questa sua affermazione, ma lo sgombero senza alternative porta a conseguenze gravi ed immediate in chi ci abita e che ritiene che essa sia la miglior soluzione possibile. Come Lei sa nella piccola comunità vivono anche bambini, anziani e malati che hanno diritti in quanto persone, riconosciuti da leggi europee ed italiane. Ho letto su un foglio elettronico locale interventi di suoi elettori che descrivono la piccola comunità come "difficile", ma fatta di persone che hanno diritti. Condivido quanto hanno scritto, e Le ricordo che le soluzioni e le risorse non devono essere solo del suo comune, ma, il problema deve essere affrontato con il grande comune sul confine, Firenze, e altri soggetti pubblici e gruppi di volontariato. Si lamenta che Sesto è stato lasciato solo ad affrontare gravi problemi, ma adesso che Quaracchi è esploso come problema, penso che possa avere la forza di risolvere l'emergenza attraverso la sua lunga esperienza e i valori che l'hanno portato in politica. Non diventi un nuovo De Corato toscano, ma segua la tradizione della sua terra che fra le molte cose fu il primo stato, come Granducato, che abolì la pena di morte e che fu con un suo conterraneo, Filippo Mazzei, l'ispiratore della parte più bella della costituzione statunitense, ovvero il diritto alla felicità.

Come scrivevo prima non è la crisi economica che taglia le gambe agli enti locali ma la scelta di ridurre i trasferimenti dal 1990 da parte di tutti i governi che si sono susseguiti. Lei scrive:
"Non si tratta di cinismo, ma di responsabilità. Cinici sono tutti quanti ritengono si debba fare tutto per tutti." e anche "A loro, come a tutti i cittadini di Sesto devo il mio impegno prioritario, senza distinzione né di razza né di etnia."
Mi permetta di contraddirla su due punti. Gli stranieri come gli italiani sono cittadini di Sesto, pagano tasse e gli stranieri comunitari possono votare e venire eletti. La comunità non deve essere divisa fra gli uni e gli altri. Lei oltre che persone amministra un territorio con le sue caratteristiche e i suoi problemi.

Scrive anche: "Purtroppo io non ho soluzioni". Credo che convenga con me che le soluzioni vadano cercate, e a volte con difficoltà, senza accettare una soluzione, quella di adesso, che peggiora e di molto le condizioni di un gruppo di persone. Riunisca intorno ad un tavolo amministratori, con le loro frustrazioni per non poter dare alcune risposte, e associazioni con i loro sogni. È probabile che ci si possa avvicinare alla miglior soluzione possibile, e chi non verrà a quel tavolo convocato da Lei se ne assume le responsabilità. Porti ad un livello collettivo quello che sente come sua responsabilità il dover scegliere fra creare o tagliare.

Concludo dicendo che mi ha fatto sorridere quando ha scritto: "Capisco anche come sia più facile e di maggior colore, e certo di maggior risonanza, attaccare un Sindaco radicato nei valori della sinistra piuttosto che i rappresentanti del Governo, ma io mi assumo, e per intero, soltanto le responsabilità che ho..."
I comportamenti più discriminanti sono fatti da amministratori del centrodestra, una minoranza del centrosinistra, però, non è da meno. A Padova un paio di anni fa alcuni consiglieri del PD, uno comunale ed altri circoscrizionali, organizzarono una raccolta di firme contro i rom, in poche ore smisero dopo l'intervento del sindaco Zanonato. Non abbia timori, non è più facile attaccare un sindaco di sinistra, per me è sicuramente più difficile perché penso ai tanti che si assumono oneri nel rapporto con alcuni cittadini che pochi, anche nel centrodestra fanno.

La prego pertanto a non credere che non vi siano soluzioni.

franco marchi

lunedì 3 gennaio 2011

UN CORSO PER “DECISORI PUBBLICI” CON IL PUNTO DI VISTA DEI ROM

UN CORSO PER “DECISORI PUBBLICI” CON IL PUNTO DI VISTA DEI ROM

Nell'ambito delle manifestazioni per il Giorno della Memoria 2011 sono in programma quattro incontri sui temi della cultura e dell'attualità Rom in Italia, con uno sguardo sulle politiche di maggior successo per un'integrazione nel rispetto delle differenze.
L'iniziativa è promossa dalla Fondazione Anci Ideali (Fondazione Europea delle Città) ed è realizzata dall'associazione RomSinti@Politica in collaborazione con le più importanti federazioni delle associazioni Rom, enti locali ed altre organizzazioni italiane ed europee (in Spagna, Belgio e Romania). Capofila dell'intero progetto è Cittalia (Fondazione Anci Ricerche).
A Torino l'organizzazione dell'iniziativa è curata da IDEA ROM ONLUS in collaborazione con il Museo Diffuso della Resistenza e con il patrocinio del Comune e della Provincia di Torino.
Il corso è rivolto ad amministratori e funzionari pubblici, ONG che lavorano con i Rom, rappresentanze ed associazioni di Rom, scuole (dirigenti, docenti, studenti interessati), giornalisti e professionisti dei media. Beneficiari diretti dell’azione sono i Rom che vivono nei territori coinvolti mentre quelli indiretti sono i cittadini nella loro generalità.


Il modulo formativo è gratuito e prevede i seguenti incontri:

Venerdì 28 gennaio 2011 ore 15/18 - Sala Colonne Palazzo Civico, p. Palazzo di Città 1 - Torino
Risoluzione dei conflitti, stereotipo e pregiudizio: il ruolo degli schemi cognitivi e dei processi di categorizzazione.
Conducono il dott. Gabriele Guazzo (coordinatore del progetto – Cittalia) e il dott. Dimitris Argiropoulos (Università di Bologna). Presenta l'incontro e modera gli interventi il prof. Nanni Salio (Presidente del Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino).
Venerdì 11 febbraio 2011 ore 15/18 - Museo Diffuso della Resistenza, c. Valdocco 4/A - Torino

Legislazione locale, regionale, nazionale ed europea su discriminazione e razzismo.
Conduce il dott. Marco Brazzoduro (Università di Roma). Presenta l'incontro e modera gli interventi il dott. Lorenzo Trucco (Presidente nazionale dell'ASGI - Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione).
Venerdì 25 febbraio 2011 ore 15/18 - Museo Diffuso della Resistenza, c. Valdocco 4/A - Torino

Identità: storia, politica e cultura.
Conduce il dott. Nazzareno Guarnieri (presidente Federazione Romanì). Presenta l'incontro e modera gli interventi don Fredo Olivero (Responsabile del Servizio Migranti della Caritas Diocesana di Torino).
Venerdì 11 marzo 2011 ore 15/18 - Sala Colonne Palazzo Civico, p. Palazzo di Città 1 - Torino

Mediazione culturale e partecipazione attiva: metodologia e progettualità.
Conducono il dott. Nazzareno Guarnieri (presidente Federazione Romanì) e il dott. Dimitris Argiropoulos (Università di Bologna). Presenta l'incontro e modera gli interventi il dott. Filippo Furioso (Dirigente Scolastico dell'Istituto Comprensivo "Leonardo da Vinci" di Torino).

Per maggiori informazioni: http://www.morespect.eu/en2/
Per partecipare al corso è necessario l'accredito con la scheda d’iscrizione (www.idearom.it)

IDEA ROM ONLUS – via Garibaldi 13, 10122 Torino – fax 011.82731123