mercoledì 29 settembre 2010

Rassegna di film "HO INCONTRATO ZINGARI FELICI" II° EDIZIONE - dal 4/10/2010 al 20/12/2010

Vi invitiamo a partecipare alla II° edizione della rassegna di film "HO INCONTRATO ZINGARI FELICI" (Maladilem Bachtale Romenca - da Upre Roma inno nazionale degli zingari), organizzata dall'Associazione La Conta in collaborazione con il Circolo ARCI Martiri di Turro, con l'Associazione Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti, con l'Associazione ApertaMente e con la Redazione di Mahalla – Rom e Sinti da tutto il mondo (...), che ci sarà, con ingresso gratuito, con tessera Arci, a partire da lunedì 4 ottobre 2010, alle ore 21.00 al Circolo ARCI Martiri di Turro - Via Rovetta 14 a Milano.

PROGRAMMA DELLA RASSEGNA

· Lunedì 4 ottobre 2010 alle 21,00 - "Miracolo alla Scala" di Claudio Bernieri – Italia - 2009 - Presenta la serata il regista Claudio Bernieri con la partecipazione di Ernesto Rossi - Associazione "Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti" e Associazione "ApertaMente di Buccinasco" e Fabrizio Casavola studioso e scrittore di Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo – Milano

· Lunedì 25 ottobre 2010 alle 21,00 - "Pretty Diana" di Boris Mitic – Serbia - 2003 – Presentano la serata Ernesto Rossi - Associazione "Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti" e Associazione "ApertaMente di Buccinasco" e Fabrizio Casavola studioso e scrittore di Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo – Milano;

· Lunedì 22 novembre 2010 alle 21,00 – "Swing" di Tony Gatlif - Francia/Giappone - 2002 – Presentano la serata Ernesto Rossi - Associazione "Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti" e Associazione "ApertaMente di Buccinasco" e Fabrizio Casavola, studioso e scrittore di Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo – Milano

· Lunedì 20 dicembre 2010 alle 21,00 - "Train de Vie" di Radu Mihaileanu – Francia/Belgio/Romania/Israele/Paesi Bassi - 1998 - Presentano la serata Ernesto Rossi - Associazione "Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti" e Associazione "ApertaMente di Buccinasco" e Fabrizio Casavola, studioso e scrittore di Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo – Milano

Quattro film ironici e divertenti da non perdere. Quattro storie di rom, sinti, gitani e nomadi, per conoscere meglio le loro culture, le loro passioni e le loro condizioni di vita in Europa.

Vi saremo grati se vorrete dare diffusione elettronica all'iniziativa di cui sopra e/o diffondere la stessa tra le persone che possono esservi interessate.
Vi ringraziamo in anticipo.

MIRACOLO ALLA SCALA di Claudio Bernieri – Italia - 2009
Il film racconta la strada verso l' integrazione nella società milanese di una bambina rom che sogna di diventare una ballerina della Scala. E' la storia della vita dei musicisti rom che suonano sui mezzi di trasporto milanesi, ma che sognano un palcoscenico vero. La musica è la vera "mediatrice culturale" tra una tradizione e una cultura che appare sempre più come archeologia culturale "pasoliniana", prima dell'omologazione, e la società moderna, che non sa dialogare con questa cultura "altra". E' come se il mondo cinematografico di "Accattone" apparisse alla periferia delle fiction e degli spot pubblicitari.
Il film è interpretato dal musicista rom "Director" Marian Badeanu e dai suoi 2 figli, Loredana e Ciprian, con la partecipazione di decina di suonatori provenienti dal campo nomadi di via Barzaghi-Triboniano. A mezza strada tra il documentario-film e un remake di "Miracolo a Milano" di De Sica e Zavattini, è uno spaccato neorealista della dura vita dei rom milanesi, sempre in bilico tra integrazione e marginalità sociale.
Tutto incomincia quando il preside della scuola frequentata dai bambini zingari milanesi si accorge che una di loro, Loredana, ha ambizioni artistiche e sogna la Scala: Loredana racconta nel suo diario le vicende del campo.
Durate tre anni, le riprese hanno coinvolto trecento attori non professionisti che vivono - o vivevano - nel campo nomadi di via Barzaghi-Trimboniano a Milano.

PRETTY DIANA di Boris Mitic – Serbia - 2003
Nel bel mezzo di un quartiere dormitorio c'è un'enorme, dimenticata chiesa ortodossa in costruzione. La chiesa si affaccia, dall'autostrada, su di un campo di zingari fuggiti dalla guerra in Kosovo. Degli strani veicoli entrano ed escono dall'accampamento… Niente a che vedere con la mano di Dio, si tratta di pura magia gitana che mostra un eclatante esempio di attivismo sostenibile. Considerate solitamente come un prestigioso oggetto da collezionisti, le classiche automobili Citroën vengono qui trasformate in futuristiche macchine ecologiche alla Mad Max. Tutto tranne il motore viene rimosso dallo chassis, un improvvisato cassone sul retro, e il resto dipinto con colori splendenti e decorato con buffi gadgets … Così bello, che anche i bambini piccoli vogliono guidare. Uno sguardo intimo osserva quattro famiglie rom da una "favela" di Belgrado che si guadagnano da vivere vendendo cartoni e bottiglie che raccolgono con le loro "risorte" Dyane. Questi moderni cavalli sono più efficaci dei carrelli, ma cosa più importante – sono sinonimo di libertà, speranza e stile per i loro proprietari artigiani … Perfino le batterie della macchina sono usate come generatori di energia per avere luce, guardare la TV e ricaricare i cellulari! Praticamente il sogno di un alchimista …Ma la polizia non sempre trova divertenti questi strani veicoli…"
"Pretty Dyana" ha partecipato a numerosissimi festival tra i quali si ricordano: Amsterdam (IDFA), Goteborg Film Festival, Belgrade Doc&Short Film Fest, Documenta Madrid, RomaDocFest (audience award), Sarajevo Film Festival (human rights award), Dokufest Prizren (best documentary), Cinemambiente Torino, Berlin Europe in Motion, Zagreb Human Rights Film Festival, World Social Forum Porto Alegre, Bilan du cinéma ethnographique Paris, Mar del Plata Film Festival, Encuentros del Otro Cine Ecuador, Fajr Film Festival Teheran, Wiesbaden Go East Film Festival, Riddu Riddu Film Festival Tromso Norway.

SWING di Tony Gatlif – Francia/Giappone - 2002
Un viaggio nel mondo degli zingari e della loro musica. Max, un ragazzino di dieci anni, scopre di avere una passione per il jazz manouche, una musica nata dalla fusione del jazz anni Trenta e la tradizione gitana. In vacanza con la nonna, Max si reca nei quartieri degli zingari per comprare una chitarra. Conoscerà Miraldo che gli insegnerà a suonare e a comprendere la cultura manouche e si innamorerà di Swing, una ragazzina della sua età.
Se forse ama troppo il mondo che racconta, Gatlif lo conosce però assai bene, e non scivola mai nel folklore. Nel ruolo di Miraldo c'è Tchavolo Schmitt, leggendario chitarrista gitano che interpreta quasi se stesso; il film, a tratti, diviene anche un rispettoso documentario su di lui.

TRAIN DE VIE di Radu Mihaileanu – Francia/Belgio/Romania/Israele/Paesi Bassi – 1998
Una sera del 1941 Schlomo, chiamato da tutti il matto, irrompe allarmato in un piccolo villaggio ebreo della Romania: i nazisti, fa sapere, stanno deportando tutti gli abitanti ebrei dei paesi vicini e fra poco toccherà anche a loro. Durante il consiglio dei saggi, che subito si riunisce, Schlomo tira fuori una proposta un po' bizzarra che però alla fine viene accolta: per sfuggire ai tedeschi, tutti gli abitanti organizzeranno un falso treno di deportazione, ricoprendo tutti i ruoli necessari, gli ebrei fatti prigionieri, i macchinisti, e anche i nazisti in divisa, sia ufficiali che soldati. Così riusciranno a passare il confine, ad entrare in Ucraina, poi in Russia per arrivare infine in Palestina, a casa. Il folle progetto viene messo in atto, il treno parte tra speranza e paura. Gli inconvenienti non mancano, e non sono solo quelli che arrivano da fuori (i controlli alle stazioni) ma, inaspettatamente, anche dall'interno del gruppo: Mordechai, falso ufficiale nazista, comincia a dare ordini sul serio, e, all'opposto, il giovane Yossi abbraccia l'ideologia comunista, proclama che la religione è morta e instaura nei vagoni le cellule marxiste-leniniste. A un certo punto vengono fermati da un altro treno, che però risulta pieno di zingari che avevano escogitato lo stesso stratagemma. Procedono allora tutti insieme, fino all'arrivo sulla linea di confine con le bombe che sparano dalle parti opposte. Ormai possono considerarsi salvi. Come già all'inizio, appare in primo piano il viso del matto, che informa sui successivi destini di alcuni dei protagonisti, tutti viventi tra Russia, Palestina, America. Ma poi l'immagine si allarga e il viso di Schlomo, il matto, guarda da dietro un reticolo di filo spinato. Sullo sfondo, la lugubre sagoma di un campo di concentramento.

domenica 26 settembre 2010

Comunicato dell'associazione "APERTAMENTE" di Buccinasco

Visita del Servizio Civile Internazionale al Terradeo

A Buccinasco, alle porte di Milano, è in corso da anni un avanzato esperimento, volto a consolidare l'inclusione sociale di un'ampia famiglia di Sinti lombardi (ex giostrai), già presenti nel Comune dal 1980, e ivi residenti dal 1991, benché qualcuno continui strumentalmente ad agitare il mito dei 'nomadi'. La sperimentazione ha coinvolto, in vent'anni, diverse Amministrazioni di diverso orientamento, le quali hanno mantenuto una costante positiva attenzione. Al punto che esiste in Comune un tavolo, presieduto da un assessore, per affrontare i problemi della comunità sinta. E vi è un finanziamento, disposto nel 2009 coi fondi del Ministero dell'Interno, e gestito dal Prefetto, per completare i lavori nel Quartiere Terradeo, come localmente si chiama il villaggio sinto.

Improvvisamente, in estate, questa vicenda è salita a pretestuosi onori di cronaca, a causa d'una interrogazione in Consiglio regionale, basata evidentemente su informazioni inesatte, sull'esistenza, in terreno di proprietà comunale, nel Parco Sud, di alcune casette di legno senza fondamenta (arditamente definite 'ville'!), in attesa di formale autorizzazione. Realizzate fra il 1994 e il 2004, documentate al Parco e alla Prefettura, su di esse, non certo per responsabilità dei sinti, ancora non è stato raggiunto un accordo di regolarizzazione, secondo le leggi vigenti, nonostante una procedura avviata più volte, dal centrosinistra e poi dal centrodestra.

L'area è stata assegnata con delibera (1994, centrodestra); vi è un contratto decennale tra famiglie e Comune, che prevede diritti e doveri dei contraenti (2005, centrosinistra); il campo è stato ampliato e ristrutturato secondo gli standard dei campeggi; la Provincia ha finanziato blocco servizi, collegamenti acquedotto e fogne.

La comunità è ben inserita, seguita da un'assistente sociale e da una sanitaria, oltre che dall'associazione creata da sinti e volontari. Non v'è nessun problema di convivenza, né di scolarizzazione (quest'anno due ragazzi alle superiori), quelli di salute sono nella norma; non c'erano quasi più nemmeno problemi di lavoro: ne sono tornati a causa della crisi, tanto che abbiamo avuto persino un cassintegrato. Pressoché unanime il sostegno delle forze politiche locali e di buona parte della popolazione.

Ma c'è chi vorrebbe caricare sulle spalle deboli d'una minoranza, spesso (ma non qui!) emarginata, il mancato risultato d'una serie di procedure avviate da anni da più amministrazioni, che senza inevitabili lungaggini burocratiche avrebbero già risolto il problema.

Che questo possa essere il principale problema di Buccinasco, può pensarlo solo chi chiude gli occhi su ben altre questioni. Ma forse molti italiani sono migliori di certi amministratori.

Buccinasco, 20.09.2010

"Apertamente di Buccinasco"
costituita il 13 novembre 2006, registrata a Milano l'8 marzo 2007, n.1753, serie 3. Codice fiscale 97459790156

info e documentazione e partecipazione a incontri, a disposizione di quanti ne facciano richiesta a:
Ernesto Rossi, Presidente, cell.3338628466, meg.rossi@tin.it - Augusto Luisi, Consigliere, cell.3355324525,luisibuc@gmail.com

sabato 25 settembre 2010

COMUNICATO STAMPA con preghiera di diffusione

Milano, 24 settembre 2010
La presente viene inviata a nome delle famiglie di Rom italiani che da oltre 20 anni abitano nel campo comunale di via Idro 62. Dal maggio dell'anno scorso si parla dello sgombero del nostro campo, ma in tutto questo tempo nessuno ci ha mai detto quando e come sarebbe avvenuto lo sgombero, e soprattutto quale sarebbe stato il nostro destino, di cittadini italiani che in questa zona risiedono, lavorano, mandano a scuola i figli.
Questa mattina si sono presentati i vigili, notificando ad una ventina di famiglie (la quasi totalità del campo) un vero e proprio avviso di sfratto, esecutivo entro 48 ore.
Difatti, in base ad una interpretazione del "Regolamento delle aree destinate ai nomadi nel territorio del Comune di Milano" [art. 12 par. a)], consegnatoci l'anno scorso, chi ha commesso reati perde "l'autorizzazione all'ammissione e permanenza" nel campo e "l'assegnazione del modulo abitativo", e con lui tutto il nucleo famigliare.
Questo Regolamento è stato oggetto di diverse contestazioni, sia a livello italiano che da parte della Comunità Europea. Nessuno di quanti hanno ricevuto la notifica si è mai macchiato di reati particolarmente gravi, trattasi in buona parte di reati giudicati sospesi o di accattonaggio. A qualcuno vengono addirittura contestati reati commessi negli anni '70. Reati comunque antecedenti l'entrata in vigore di questo regolamento.
E' una misura a nostro giudizio crudele e ingiusta, soprattutto quando riguarda tutto il nucleo famigliare. I nostri bambini hanno appena ricominciato l'anno scolastico. E' lesivo dei diritti fondamentali della persona.
Noi, cittadini italiani, non abbiamo alcun posto dove andare, né riusciremo a trovarlo in 48 ore. A meno di non doverci accampare per protesta davanti a Palazzo Marino o alla Casa della Carità.

Le famiglie del campo comunale di via Idro 62

Per informazioni:
Fabrizio Casavola, 347-717.96.02 info@sivola.net
Antonio Braidic, 338-771.28.56

venerdì 24 settembre 2010

Buzek visita centro Rom a Budapest

Il presidente dell’europarlamento Jerzy Buzek ha visitato a Budapest il centro europeo per i diritti dei nomadi Rom. In questa occasione ha espresso il suo pieno sostegno alla politica della Commissione europea contarria alle espulsioni dei Rom portate avanti dal governo francese.
Segui l'intervista video su euronews

giovedì 23 settembre 2010

Video, poesie e denuncia

Un gradito ritorno!

Giovedì 30 settembre alle ore 21.00

L'Associazione La Conta in collaborazione con Mahalla - Rom e Sinti in tutto il mondo, organizza un incontro con

Paul Polansky

Presso il Circolo ARCI Martiri di Turro - Via Rovetta 14 a Milano, ingresso gratuito con tessera Arci

Paul Polansky è nato a Mason City, Iowa, nel 1942. Poeta, fotografo, antropologo, operatore culturale e sociale, è diventato negli anni un personaggio importantissimo per il suo impegno a favore delle popolazioni Rom. Le sue poesie descrivono le atrocità commesse da cechi, slovacchi, albanesi ed altri contro quelle popolazioni. Ha anche svolto studi accurati sui campi di concentramento nazisti, in particolare quello ceco di Lety, nei quali venivano trucidate, insieme a quelle ebraiche, intere comunità Rom. E' stato il primo a presentare al mondo il dramma dei rifugiati del Kosovo, lasciati morire nei campi di accoglienza avvelenati dalpiombo. Ha pubblicato diversi libri, realizzato esposizioni fotografiche e film video.

ALLA FINE

"Alla fine,
tutti
scapperanno dal
Kosovo", mi
disse la zingara
chiromante.

"Anche Dio"

Poesia di Paul Polansky innalzata sui cartelli di una manifestazione di Rom del Kosovo in Germania

L'appuntamento su Facebook

mercoledì 22 settembre 2010

Alghero, terrore al campo nomadi

La Nuova Sardegna

"Se torniamo in Bosnia ci uccideranno"
Preoccupazione tra le cinquanta famiglie che vivono in Riviera. Le prime arrivarono 35 anni fa, ora temono lo sgombero: "Berlusconi non può condannarci a morte"
di Nadia Cossu

ALGHERO
. Porta di corsa il giornale al marito: "Vedi? C'è scritto che Berlusconi è d'accordo con Sarkozy". I rom di Alghero hanno paura. Anzi: sono terrorizzati. "Se ci rimanderanno in Bosnia verremo ammazzati dai nostri stessi conterranei". Lo smantellamento dei campi irregolari annunciato dal governo francese preoccupa molto Jadranca e i suoi figli. Si sono già riuniti, hanno parlato tutti assieme, ieri, non appena in tv hanno sentito la notizia.

"Viviamo qui ad Alghero da 35 anni, siamo cittadini italiani e se anche noi, come i francesi, venissimo rimpatriati sarebbe una condanna a morte". Jadranca Sulemanovic, 45 anni, e suo figlio Davide, di 27, lo dicono chiaramente: "In Bosnia Erzegovina c'è molto razzismo, saremmo considerati come quelli che tornano dopo esser fuggiti quando il paese era in guerra. Ci farebbero fuori".

Ecco perché, comprensibilmente, l'angoscia cresce. Temono che il presidente Berlusconi si allinei alla politica del collega dell'Eliseo. E che il giro di vite contro rom e nomadi avviato in Francia, prima o poi arrivi anche in Italia. "Sarebbe un'assurdità, non possono farci questo. Ci tratterebbero come profughi".

Cinquanta famiglie, moltissimi bambini nel campo dell'Arenosu, a pochi chilometri da Fertilia. La diffidenza iniziale verso chi entra nel campo e si avvicina alle loro case svanisce quasi subito: "I nostri figli parlano italiano, non sanno una parola di slavo. Abbiamo la pediatra qui ad Alghero che segue i bambini da sempre, qualcuno ci aiuta tanto, altri ci considerano ladri e ci tengono a distanza ma tutto sommato stiamo bene qui". Davide ha avuto il quarto figlio tre giorni fa e il suo desiderio in questo momento è uno soltanto: "Trovare un lavoro". Si è rivolto al Comune ma per il momento è disoccupato. Ormai la Riviera del Corallo è casa loro e non vogliono andare via. "Quando arrivammo qui ad Alghero 35 anni fa - racconta Jadranca - eravamo tre famiglie, poi siamo cresciuti giorno dopo giorno e oggi in questo campo siamo una cinquantina di nuclei".

Lei, 45 anni, è fiera quando sottolinea: "I miei figli sono nati in Italia e sono italiani". Nove in tutto, distribuiti tra Cagliari, Olbia e Alghero. L'attaccamento alla Sardegna è forte e la sola idea di dover fare i bagagli su decisione del governo nazionale fa venir loro i brividi. "Mi può leggere a voce alta l'articolo del giornale?" chiede a un certo punto preoccupata la donna. Ha problemi di vista e tanta voglia di sapere. Quel passaggio in cui c'è scritto che il premier Silvio Berlusconi si è schierato con i francesi dicendo che l'Europa deve occuparsi subito della "questione rom", cattura l'attenzione. Porta il giornale al marito, seduto su una sedia, un po' defilato rispetto al resto della famiglia. Perché anche lui legga e si renda conto che le preoccupazioni delle donne non sono campate in aria. "È vero che ci sono molti nomadi che rubano, delinquenti. Ma non siamo tutti così e non è giusto che mandino via anche le persone oneste e ben integrate".

I piccoli vanno tutti a scuola o all'asilo. Una delle bambine gira per il campo con lo zainetto sulle spalle. "Non se lo toglie mai", dice la mamma con il sorriso. Alla sua età altri bambini stringerebbero tra le braccia le bambole. Lei no: ad accompagnarla nelle corse tra le macchine e le casupole del campo è solo una borsa con le penne e i quaderni dentro. "Oggi era il suo primo giorno di scuola e da stamattina non ha lasciato lo zainetto un solo istante".

Cosa direbbero al presidente Berlusconi? C'è un po' di pudore nel rispondere. Ai rom il premier sta simpatico. "Speriamo solo che non faccia come Sarkozy - azzarda alla fine Davide - Per noi sarebbe la rovina tornare in Bosnia". Poi non manca l'appello al comune di Alghero: "Quando ci daranno una nuova area? Avevano promesso uno spazio più decente e invece ci troviamo ancora in questa situazione". Di inaccettabile degrado.

(18 settembre 2010)

martedì 21 settembre 2010

L'altra faccia della popolazione romanì nascosta dai media

Nazzareno, Santino, Bruno, Ivana, Eva, Yuri, ecc. non sono mosche bianche nella popolazione romanì ma alcuni dei tantissimi esempi positivi.



Francesca Paci del quotidiano La Stampa è venuta in Abruzzo per incontrare alcuni rom, professionisti, impiegati, artigiani, operai, infermieri, ecc. Oggi il suo articolo con interviste e foto è pubblicato sul quotidiano La Stampa.

Giovanni sorride verso l'obiettivo mentre risuola il tacco del sandalo rosso dietro il banco sommerso dalle scarpe della bottega nel cuore di Lanciano, 36 mila anime arroccate tra la Majella e il mare: "Buon sangue non mente: sembro mio padre quando ferrava lo zoccolo del cavallo". Tempo due ore e ci ripensa: "Mia figlia mi ha chiesto di non espormi, in questo periodo esce con un ragazzo e preferisce non sappia che siamo una famiglia rom". 

Circa il 60 per cento dei 170 mila rom e sinti che vivono nel nostro paese sono italiani come il calzolaio Giulio, eredi dei pionieri sbarcati alla fine del 1300 sulle coste adriatiche per lasciarsi alle spalle le guerre degli Ottomani. Molti rivelano nei lineamenti le antiche origini indiane, alcuni ostentano la propria identità indossando gilet di gusto balcanico o lunghe gonne fiorate, la maggior parte ha una casa, un lavoro, un conto in banca. Eppure, in qualche angolo remoto della coscienza collettiva dove sono impressi i nomi dei clan criminali Casamonica, Di Silvio, Ciarelli, restano comunque tutti diversi, nomadi come quelli cacciati oggi dalla Francia di Sarkozy.
"L'integrazione assomiglia all'amore, si fa in due: quando vengono accettati senza che si tenti d'assimilarli, rom e sinti pagano le tasse, servono nell'esercito, i loro figli studiano e arrivano fino all'università" osserva Santino Spinelli, musicista e docente di lingua e cultura romanì all'università di Chieti. Le differenze esistono, ammette alternando una forchettata di spaghetti al pesce a un sorso di vino Fragolino: "La cultura rom non distingue il mondo dell'infanzia da quello degli adulti. Se per esempio il papà va a dormire alle tre di notte o la mamma chiede l'elemosina i bambini li seguono. E' naturale, non si tratta di sfruttamento.
Nell'assenza totale d'una quotidianità la scuola è l'ultimo dei problemi". Difficile trovare uno studente che reciti le tabelline nei dormitori improvvisati sotto i cavalcavia del quartiere romano della Magliana, dove gli abitanti minacciano le barricate.

Qui a Lanciano però, a Pescara, nell'Abruzzo da 7 mila rom e neppure una roulotte del tipo ammassate nei campi nomadi alle perfierie delle grandi città, l'eccezione è la regola e capita tranquillamente d'incontrare lo "zingaro" Fioravante al volante del furgone portavalori o l'altro, supermanageriale, alla plancia di comando d'una filiale della Bls di Chieti.



Perché facciano "outing" ci vorrà ancora tempo, ma sono lì.

"Otto anni fa, quando sono stato eletto, i rom non si sognavano neppure d'entrare in Municipio.
Ora sono ospiti fissi, ci conosciamo, ragioniamo, affrontiamo le difficoltà man mano che si presentano" racconta il sindaco Filippo Paolini, un avvocato ambientalista che assomiglia a Gianfranco Fini, parla come Vendola, negozia come un vecchio democristiano e milita da sempre nelle file di Forza Italia.
L'obiezione ai compagni di partito è tattica prima ancora che strategica: "Posto che quanto sta facendo il governo francese contro i nomadi è una forma di deportazione, la linea dura stile Sarkozy-Maroni non funziona, non si amministra senza integrare le diversità".
E pazienza se l'ultimo rapporto del centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità dell'Università di Firenze indica nei sinti un nodo critico dell'allarme sociale. Il primo cittadino rifiuta l'equazione lombrosiana zingaro-uguale-delinquente, ma non concede sconti a chi sbaglia: "Sono dell'avviso di dare una chance a tutti, una casa, la possibilità di studiare, la normalità. Se poi uno delinque se ne va, in prigione o direttamente al suo paese".
Al bar Roma, alle spalle di Piazza Plebiscito, Giulia, mora e formosa, prepara un cappuccino dopo l'altro. Gli anziani che ogni mattina si fermano da lei prima di comprare il giornale hanno quasi dimenticato quando da bambina seguiva mamma e papà da una fiera di paese all'altra, i giovani non lo sanno. "Perché ricordarglielo?" chiosa Amelia, titolare d'una impresa di pulizie. La cugina parrucchiera annuisce. Qualcuno, lontano dalle curve avversarie, mette forse in conto a un goleador le sue origini?




Debora: "Tutti in fila per il mio pane"
Quando era una scolaretta delle elementari, Debora Spinelli detestava le feste di compleanno. "Invitavo i miei compagni di classe ma non veniva nessuno, anche se sono nata qui e vestivo uguale a loro dicevano che ero la figlia dello zingaro", racconta, incartando una pagnotta calda calda per la signora che ascolta distratta come fosse una storia della tv. Oggi, 40 anni e due figli adolescenti a cui nessuno rinfaccia più l'origine gitana, è la fornaia più gettonata di Lanciano, ma davanti alla porta ha deciso di scrivere Panetteria Console, il cognome del marito, un marchio senza passato. Non si sa mai.
Capigliatura corvina, sguardo tagliente, brillantino al naso, Debora tiene al collo la medaglietta con la foto di papà Angelo che non c'è più: "Mi ha insegnato a lavorare a sei anni, magari adesso sarebbe un reato, io però ne sono sempre stata fiera. Insieme agli altri sei fratelli e sorelle attaccavamo ai VHS le macchinette con cui si potevano vedere Grisù e Paperino e poi le vendevamo. Le battutacce delle amiche mi facevano male, ma le difendevo, soffrivo di una specie di sindrome di Stoccolma". 
Crescendo, ha visto i film di Kusturica, ha ascoltato la musica di Bregovic, capisce la lingua degli avi, il romanì. Eppure ai cantori eccellenti della cultura rom preferisce la routine, l'esempio quotidiano: "Siamo noi i primi a doverci accettare. Ai genitori dei compagni dei miei ragazzi spiego subito che sono rom in modo da lasciarli liberi di venire o meno alle feste di compleanno". E quelli vanno.




Guido: "Con la boxe salvo i ragazzi difficili"


A ripensarli adesso i mille round di cui Guido Di Rocco porta i segni sul volto sbieco da pugile sono i pioli della sua scalata sociale.
"Lo sport è stato la mia chance, quella grazie a cui sono riuscito a farmi accettare nonostante fossi rom", racconta Guido, 55 anni portati da campione, passeggiando nella palestra di boxe dove allena una trentina di ragazzi "difficili" del quartiere disagiato di Rancitelli, il Bronx di Pescara.
Anche lui all'inizio tirava pugni di rabbia, ammette mostrando il nome Margherita sul bicipite: "Sono stato in prigione... mi sono tatuato a mano perché allora non c'era mica l'ago... Dopo però tutto è cambiato".
Un paio di foto in bianco e nero appese alle pareti ricordano il passato aureo, gli anni in cui si allenava con il Pescara Calcio. "Ho conosciuto Tom Rosati, Cadè, Angelillo" continua. Per strada era il figlio dello zingaro, in campo dribblava da furetto. Sul ring faceva scintille: "Ho vestito la maglia della nazionale, ho tenuto alto il nome dell'Italia".
Destro dopo destro, Guido ha dimenticato d'essere stato additato come "nomade" da ragazzino e si è sentito italiano. Straitaliano: "Mi dispiace quando si parla male dei rom, ma penso che la gente ha problemi con quelli nuovi, gli stranieri, e se la prende anche con noi che siamo nati qui e non abbiamo mai creato guai".
Squilla il telefono. La voce si addolcisce: è il figlio Moreno, quello che studia medicina all'università di Chieti.




Carmine: "Ora sono l'infermiere migliore"


Mi ricordo quando con mamma, papà e fratelli giravamo con le bighe e i cavalli, ci spostavamo da un paese all'altro seguendo le fiere, era divertente ma appena facevo amicizia con qualcuno dovevo ripartire". Oggi il cinquantunenne Carmine Di Rocco non può allontanarsi da Pescara salvo scatenare le proteste dei pazienti del distretto sanitario di Montesilvano, riluttanti a privarsi dell'infermiere modello. E non conta che Carmine abbia sangue rom: da 20 anni è in prima linea al pronto soccorso, in sala operatoria, tra i tossicodipendenti del Sert.
"Ho studiato al liceo artistico, volevo fare l'architetto", racconta prendendo sulle spalle il piccolo Christian, il minore dei quattro figli. Dopo il corso da infermiere ha archiviato le ambizioni grafiche, riservando l'estro creativo alla batteria, dietro cui trascorre il tempo libero: "Da ragazzo mi è capitato di essere scartato a un colloquio di lavoro per il mio nome, inconfondibilmente rom. Ma da quando indosso il camice non mi sono mai sentito diverso, in ospedale siamo davvero tutti uguali".
Le notizie che arrivano dalla Francia lo rattristano. "Non è accettabile, cacciare quei poveracci è una forma di deportazione". Ma in Italia, dice, riesce a capire la diffidenza: "La cultura rom è cambiata. Una volta c'era un'etica, rubare per mangiare era accettato ma per arricchirsi no. Inoltre era impossibile trovare uno che spacciasse droga". Anche l'integrazione ha un prezzo, per tutti




Gianni: "Il mio cantiere premiato dall'onestà"


Per quanto si sgobbi è difficilissimo scardinare l'immagine del rom a bordo della Bmw scassata", osserva Gianni Bevilacqua e si accende una Marlboro. "Per carità, anche a me piace la Bmw", scherza indicando il duetto parcheggiato accanto alla Mercedes E220 nel cortile della villa a San Vito Chietino, sulla costa adriatica. Ha lavorato 20 anni per diventare l'imprenditore edile che oggi vanta 300 condomini in manutenzione, 60 cantieri, il restauro appena ultimato di una chiesa del vicinato e cinque operai di fiducia, nessuno dei quali in nero. Una personalità nella zona.
Ma non è stato sempre così. L'impresa più faticosa? "Vincere i pregiudizi", risponde senza pensarci. Quella di Gianni, 42 anni, polo arancione e jeans alla moda, è storia vissuta: "Ho avuto un'infanzia da nomade, senza una casa. Mio padre? Faceva il borseggiatore, doveva crescere un mucchio di figli e quando non c'è da mangiare non si può pensare al resto". Lui è venuto su senza guardare indietro, testa alta e rimboccarsi le maniche, la lezione che ripete ai due bambini: "Fatico da quando sono piccolo. Nessuno mi ha mai regalato niente, ho ottenuto fiducia in cambio d'onestà". Per questo racconta la sua esperienza, ma preferisce non essere fotografato: "Entro nelle case, il mio nome è una garanzia. Ma che succederebbe se l'associassero a un volto rom?". Impossibile distinguere la sua da quella dei concittadini. Eppure, chissà: "Sono italiano, un imprenditore italiano".

lunedì 20 settembre 2010

Espulsioni Rom: La bagarre europea

Speciale Meltingpot
Dopo il vertice di Bruxelles si riapre la bagarre europea intorno alla questione degli allontanamenti dei cittadini comunitari di "etnia" rom dal territorio francese. 
La battaglia però, a ben vedere, rischia di concludersi con un pareggio tattico nonostante qualche infuocato attacco da ambo le parti.

La presidenza di Barroso è in generale debole, chiamata ad un difficile lavoro di tessitura per recuperare un ruolo dell’Europa messo fortemente in crisi dalla situazione economico politica globale, schiacciato dall’avanzata cinese, dal nuovo posizionamento degli USA e da un tentativo di recupero dei diversi governi europei, intorno all’autonomia degli Stati Nazione, di funzioni che progressivamente stavano effettivamente passando all’Europa.
Non si tratta di un ritorno indietro, ma di un nuovo scenario che la crisi ha aperto e che sul piano europeo rischia di tradursi in un conflitto permanente tra istituzione comunitaria e autonomia degli stati nazione.
L’immigrazione? Nessuno vuole tornare indietro. C’è bisogno di una politica comune (così dicono dalla Merkel a Berlusconi), ma a nuove condizioni.
La vicenda delle espulsioni dei rom dal suolo francese rende bene l’idea.
Da un lato il carattere assolutamente centrale dell’immigrazione come nodo politico sul quale molti governi stanno rigiocando la loro legittimità (la ricetta del capro espiatorio è tanto banale quanto ricorrente), dall’altro la deroga permanente ad ogni garanzia acquisita.
E’ così per la Convenzione di Ginevra, visto che l’Italia ha stipulato un accordo con la Libia (che non l’ha sottoscritta, ricordiamolo) che del diritto d’asilo sta facendo carta straccia, è così per la libera circolazione dei cittadini comunitari (rom compresi) che viene continuamente derogata dai governi.
Sulle espulsioni dei rom dalla Francia, la libera circolazione dei cittadini comunitari e le politiche italiane sulla stessa questione proponiamo la raccolta di approfondimenti che segue:

domenica 19 settembre 2010

Giornalismo genetico



IL PAESE DELLE DONNE online di Eva Rizzin - venerdì 17 settembre 2010
Molti giornalisti si confrontano con la realtà rom, una realtà complessa e variegata, usando impunemente stereotipi che hanno accompagnato le mille vicende di persecuzioni subite nel corso dei secoli dalle popolazioni sinte e rom. Essi dimostrano, attraverso i loro commenti, di aver perso ogni senso del limite.
La presenza di questo gene nel sangue è la dimostrazione che questi zingari sono esseri irrecuperabili. Eva Justin, scienziata razzista a servizio del regime nazista
I rom […] e l'illegalità insita nel loro DNA. Roberto Poletti, giornalista, 9 settembre 2010

La
Commissione Europea ha aperto ieri una procedura di infrazione nei confronti della Francia per l'espulsione delle persone rom. Questa è l'unica notizia confortante nella lettura della rassegna stampa in una settimana non affatto rassicurante.

Molti giornalisti si confrontano con la realtà rom, una realtà complessa e variegata,
usando impunemente stereotipi che hanno accompagnato le mille vicende di persecuzioni subite nel corso dei secoli dalle popolazioni sinte e rom. Essi dimostrano, attraverso i loro commenti, di aver perso ogni senso del limite.
Rom accostati indistintamente a delinquenti; rom visti esclusivamente come un problema, una massa indistinta da eliminare, espellere, deportare; rom descritti come un gruppo generalizzato, privati della loro individualità.

Articoli che ci dimostrano quanto il
sentire anti-rom sia fortemente radicato nella società, quanto esso sia condiviso, scontato, quanto esso non faccia scandalo. Nei confronti delle minoranze rom e sinte, ci si permette di dire qualsiasi cosa senza il timore di essere condannati. E' preoccupante il clima di assuefazione che si è venuto a creare nella società italiana di fronte alle violazioni subite da tali minoranze.

L'articolo di commento
I rom sono un problema della Romania("Cronacaqui", 11/9) si distingue fra i tanti letti questa settimana per i suoi contenuti razzisti. Francesco Bozzetti a proposito della "questione rom" propone alcuni suggerimenti come, per esempio, impedire la circolazione dei rom in Europa, suggerendo in sintesi di violare la direttiva europea sulla libera circolazione delle persone: "[…] alla Romania […] avremmo come minimo dovuto chiedere di impedire la libera circolazione dei delinquenti e dei rom, che sono da sempre un loro problema, una loro etnia. Gli stessi romeni non amano i rom, non li vogliono e li 'esportano' volentieri all'estero come fanno con i loro criminali". Riferendosi alla situazione milanese aggiunge "[...] periferie, sottoponti e fabbriche dismesse invase dalla peggior specie di zingari dediti a furti, spaccio di stupefacenti".

Esemplare, poi, per i suoi contenuti è il seguente articolo:
Sottile differenza tra PD e destra sulle case ai rom ("Libero Milano", 9/9). Il giornalista Roberto Poletti, nella rubrica intitolata Grane, spiega la differenza fra i due schieramenti politici a proposito della questione dell'attribuzione dei 25 alloggi Aler (alloggi che escono dalla graduatoria ufficiale) ad alcune famiglie rom che attualmente risiedono nel 'campo' di Triboniano.

Inizio a leggere l'articolo e ad un certo punto mi imbatto in una teoria classicamente razzista: "l'illegalità insita nel loro DNA". Leggo e rileggo più volte, sperando di essermi sbagliata: DNA, DNA? Purtroppo non è così, ho letto bene, il giornalista ne fa proprio
una questione genetica.

Già i
nazisti, attraverso i loro scienziati razzisti, avevano elaborato una pseudo teoria sulla pericolosità della 'razza zingara' tarata da un gene molto pericoloso, il Wandertrieb (l'istinto al nomadismo). Questo bastò a condannare rom e sinti allo sterminio. Per un attimo mi si annebbia la mente, rimango basita, sconvolta e profondamente lesa nella mia stessa identità.

Frasi come queste pesano e pesano come macigni, perché sei sinta e rom, se sai cos'è il
Porrajmos, se la pianificazione razzista e omicida del passato ha colpito la tua famiglia, se solo per caso i tuoi cari sono riusciti a scampare alla furia del regime nazifascista e alle fiamme dei lager; se ogni giorno ti accorgi di quanto il tuo Paese abbia dimenticato quel passato, e anzi ne invochi il ritorno, frasi come quelle ti fanno inorridire. E io sono sinta.

Visto che ci sono giornalisti che violano quotidianamente il codice deontologico
attraverso l'istigazione all'odio e al razzismomi sembra doveroso, e storicamente corretto, ricordare che furono più di 500.000 le persone rom e sinte vittime dello sterminio pianificato e commesso dal nazi-fascismo.

Domenica 5 settembre ho partecipato alla celebrazione della Giornata europea della cultura ebraica. Mi hanno colpito fortemente le parole del Presidente della Comunità ebraica di Mantova
Fabio Norsa, quando ha ricordato ai presenti che gli Ebrei non vogliono essere relegati all'immagine di vittime della Shoah ma considerati comunità portatrice di una cultura millenaria. Ho provato un po' di invidia per quelle parole: quando sarà possibile per noi sinti e rom fare un passo del genere?

Anch'io, come capita a molti ebrei, desidererei non dover tornare sempre sul tema del genocidio, ma purtroppo gli stereotipi, i pregiudizi e le barriere da superare sono ancora infiniti. Forse tutto ciò sarà possibile solo se ci sarà
una concreta elaborazione di quello che è stato il genocidio dei rom e dei sinti. Purtroppo però la nostra è una memoria mutilata, completamente ignorata da molti.

Oggi per molti sinti e rom non è nemmeno possibile dichiarare la propria identità, se dichiararti per ciò che sei significa essere
automaticamente equiparato al peggiore dei criminali. Il Porrajmos però fa parte della storia d'Italia e d'Europa e tutti hanno il dovere di sapere e di tenere a mente, giornalisti compresi.

sabato 18 settembre 2010

Meeting della cultura romanì

Da Federazione Romanì

La Federazione romanì promuove il meeting della cultura romanì "Molti giudicano, pochi conoscono".
Le attività del meeting si svolgeranno a Roma in via Cavriglia n. 8 a partire dalle ore 10,00 del 25 Ottobre 2010.

Il programma PROVVISORIO del meeting:

  • Corso di lingua romanès
  • Corso di formazione per decisori pubblici
  • Workshop internazionale su diritti e cittadinanza
  • Seminario scolarizzazione minori rom e sinti
  • Presentazione dell'opera editoriale di letteratura romanì "O romanò gi"
  • Divulgazione campagna DOSTA contro il razzismo
  • Mostra didattica/documentaria della cultura romanì
  • Concerto di musica romanì

Per comunicazioni: federazioneromani@libero.it

Cordiali saluti
Il presidente

venerdì 17 settembre 2010

Festival Dosta!

L'associazione Sucar Drom e la Federazione Rom Sinti Insieme, in collaborazione con l'UNAR, la Provincia di Mantova e l'Istituto di Cultura Sinta, invitano al Festival Dosta! che sbarcherà a Mantova venerdì 8 e sabato 9 ottobre 2010.

Programma provvisorio

Venerdì 8 ottobre, ore 21.00, Teatro Bibiena
CONCERTO: DJANGO'S CLAN
Nel centenario della nascita di Django Reinhardt, genio della musica jazz europea, un concerto che ne ripercorre l'arte e la tecnica per vivere la musica e l'arte del più grande musicista sinto.

Sabato 9 ottobre, Cinema del Carbone
- ore 10.30, Spettacolo teatrale della compagnia Rom Theatre rivolto alle scuole superiori;
- ore 17.00, Dibattito pubblico
- ore 19.30, Aperitivo
- ore 21.15, Spettacolo teatrale della compagnia Rom Theatre

INGRESSO GRATUITO
E' consigliata la prenotazione, scrivere asucardrom@sucardrom.191.it

LA CAMPAGNA DOSTA!

L'UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nell'ambito delle sue attività istituzionali ed in collaborazione con le principali associazioni rom e sinte, ha lanciato per l'anno 2010 la Campagna DOSTA, una grande iniziativa di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle comunità rom in Italia.

La Campagna DOSTA ("Basta" in lingua Romanì) è stata già promossa dal Consiglio d'Europa e dalla Commissione Europea nell'ambito del terzo programma congiunto "Equal Rights and Treatment for Roma". La campagna DOSTA è stata già realizzata con successo in cinque paesi dell'Europa dell'Est: Albania, Bosnia e Herzegovina, Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, mentre è di prossima presentazione la campagna in Francia e Bulgaria. La Campagna non è mai stata diffusa in Italia e intento dell'UNAR sarà quello di studiare strumenti, metodologia e messaggi costruiti dalla campagna, per un loro adattamento in lingua italiana contestualizzato all'ambito storico e culturale italiano, oltre alla promozione e valorizzazione di eventi e prodotti realizzati da associazioni rom e sinte rivolte alla sensibilizzazione sulle difficoltà di inclusione sociale, abitativa, educativa e lavorativa delle comunità Rom.

La Campagna è stata pensata e condivisa con le principali reti di associazioni rom e sinte in Italia: la Federazione Rom e Sinti Insieme, la Federazione Romanì, UNIRSI. Le associazioni operano all'interno di un Tavolo di coordinamento ROM istituito e coordinato dall'UNAR e collaborano alla pianificazione della campagna e alla progettazione e realizzazione degli eventi previsti, in collaborazione con le istituzioni locali coinvolte dalle iniziative.

Obiettivo generale della Campagna è quello di favorire la rimozione degli stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità rom e sinte attraverso una strategia globale di confronto e conoscenza reciproca.

Obiettivi specifici della Campagna saranno quelli di:
• favorire una migliore conoscenza della cultura Rom e del suo contributo nella storia europea attraverso mostre e spettacoli, premi, seminari e conferenze, eventi pubblici e campagne sui media;
• promuovere un confronto diretto con la realtà rom ed i rischi di discriminazione ed esclusione sociale attraverso percorsi formativi per il mondo del giornalismo e gli enti locali, tavoli di lavoro e occasioni pubbliche di dibattito

L'appuntamento su Facebook

EUROPE: Roma Conference Decries Government-Led Discrimination

Roma Conference Decries Government-Led Discrimination
By Mario de Queiroz


LISBON, Sep 11, 2010 (IPS) - Over the centuries, racism in the Americas has targeted indigenous peoples, African slaves and their descendants, while in Europe, secular racism has long centred on its once-enslaved gypsies, as their recent persecution in France and Italy confirms.

Anthropologist José Pereira Bastos, professor at the New University of Lisbon, made this charge at the conference Gypsies in the 21st Century, held in the Portuguese capital Sep. 8-10, drawing organisations from around the world that work to defend the rights of the peoples known as Romani, Roma, or Roms, among others, depending on the dialect.

The participants in this annual meeting of the Gypsy Lore Society (GLS) underscored in a resolution that the anthropological society is alarmed by the anti-Roma rhetoric of authorities from France and Italy.


Bastos told IPS that they expressed "strong concern over the policy of expulsions, which could lead to serious consequences for community relations between Europe's majorities and the vulnerable Roma minority."

The French government of Nicolas Sarkozy enacted a plan in August of forced removal and destruction of Roma encampments, with mass expulsions to Bulgaria, Romania and other countries.

A similar offensive has been carried out by the government of Silvio Berlusconi in Italy since 2008 -- the difference being that the Italian leader did not make public his "security package" under which thousands of Roma have been expelled.

The Roma are a large minority group in Europe, with a population estimated at 10 to 16 million. But their numbers don't protect them from discrimination or seemingly cyclic waves of persecution.

In sad irony, the latest incidents have come in the middle of the Decade of Roma Inclusion (2005-2015), "an unprecedented commitment by European governments to improve the socio-economic status and social inclusion of Roma."

Last week's Lisbon meet drew representatives of Roma groups and rights organisations from most European countries, but also from as far away as Brazil and Japan.

Bastos noted that GLS does not usually engage in political matters but on this occasion could not keep silent about France and Italy's ethnic persecution of the Roma communities.

GLS, "with 120 years in existence, is the oldest anthropological scientific society in the world, founded in 1888 in London, relocated to 1989 to the United States, this time condemned the measures adopted in France and Italy," he said.

The professor pointed out that the Roma have been the slaves of Europe since the sultan of Ghazni (now Afghanistan) began to make incursions into northern India, capturing villages in that zone.

In the winter of 1019-1020, the sultan conquered the sacred city of Kannauj, "in that era one of the most ancient and learned cities in India, capturing thousands of people and selling them in Persia," explained the anthropologist and activist.

The Persians in turn sold the slaves in what is today Eastern Europe.

"It is known that 2,300 of them were placed in an area of the Orthodox Christian principalities of Transylvania and Moldavia, which today constitute two-thirds of Romania, where they were made slaves of the prince, of the convents and of the rural estates," explained the host of the GLS meeting.

During the persecutions of Jews and Muslims in the 15th century, the "gypsy hunts" began, "because they were considered vagabonds and criminals."

"In Germany and Netherlands, they were exterminated using guns, and the hunters were paid per unit," said Bastos, summarising that "in Europe the goal of exterminating the gypsies has always been very clear."

Anthropologist Daniela Rodrigues, member of the non-governmental organisation SOS Racism, told IPS that the expulsions of Roma from France and Italy is a "populist strategy" of those governments -- a bid to appeal to their extreme conservative bases.

Rodrigues, who works to promote education for Roma children in Portugal, explained that one of her key efforts is "mediation with the families, to give them incentives to send their children to school."

"Low school attendance among gypsies also has to do with their perception of themselves, in which many think that going to school will make them lose their ethnic identity," she said.

This phenomenon "is much stronger for girls than for boys. When a gypsy girl achieves an education, her own community begins to say that she is no longer a gypsy, and look upon her with some scorn," she added.

Rodrigues stressed that there is discrimination against Roma people in Portugal as well, "especially by the police, who when they are checking merchant credentials at the street fairs, they target the Roma merchants."

"But unlike France and Italy, in Portugal the operations to control undocumented foreigners is not focused on them," explained the expert.

In those two countries, "instead of conducting general immigrant controls of possible undocumented persons, what they do are operations against a specific ethnic minority, which follows a populist strategy," said Rodrigues.

Another key difference is that Portugal "adopted a system of socially mixed neighbourhoods, constructed with the perspective that the Roma coexist with Africans, Brazilians and Portuguese, whether white or mixed race, and there is little discrimination there," she said.

In a presentation to the conference, Santiago González Avión, director in the Spanish autonomous community of Galicia of the Gypsy Secretariat Foundation, pointed to the open wound that is the division amongst the Roma communities themselves.

"Fragmentation is strong between the Galician gypsies and the Castilian gypsies, and for the Roma that hold Spanish nationality. Also between them, and those with Portuguese nationality, there is strong segregation," said González.

The conference document also denounces "the conditions of social precarity, in addition to economic poverty and social exclusion" of these groups.

The board of the Foundation laments the fact that "the Roma of Eastern Europe have not established ties with the rest of the gypsy populations. As a result, there is weakness in articulating a gypsy movement when the time comes to vindicate our rights as citizens and demand inclusive policies."

"It is the general policies, of an inclusive nature, that have had greatest impact in improving the living conditions and recognition of rights of gypsy populations," he said.

And only inclusive plans "guarantee what is known as the logic of access, but not the logic of roots: feeling the policies are one's own, and incorporating them into personal plans and group strategies," said González.



http://ipsnews.net/news.asp?idnews=52795

giovedì 16 settembre 2010

Altro che elemosina o aiuti dai vip. "Diamo ai rom una stretta di mano"

Abito a Milano, nel quartiere Rubattino. Sono genitore di tre bambini in età scolare, come i figli di Florin, un papà rom. Erano sistemati - Florin e la sua numerosa famiglia - al campo in via Rubattino, quello sgomberato a novembre 2009.

La loro famiglia come tutte quelle del campo ha subito la violenza delle ruspe e dello sgombero, scissione del gruppo familiare, senza destinazione abitativa stabile. Questa è stata offerta solo a poche famiglie, tra cui quella di Florin, grazie all’operato della Comunità di Sant’Egidio e alla solidarietà delle maestre dei bambini rom che, prima dello sgombero, frequentavano numerosi le scuole del quartiere. E, ancora, l’accoglienza è arrivata da parte di famiglie dei compagni di classe degli stessi bambini e da tanti cittadini del quartiere: il frutto di concreti percorsi di integrazione troppo spesso bruscamente interrotti dalle ruspe.

rom rubattino milano

Florin e la sua famiglia sono ospitati prima dal parroco della vicina Via Padova, poi trovano una vera casa in affitto, con l’aiuto degli scout di zona. Florin ha trovato un lavoro regolare con cui sostenere la spesa. Una borsa-lavoro sta dando una preziosa opportunità anche al suo figlio maggiore.

Quando vedo Florin la mia mano stringe la sua per un saluto, non va a stringere il mio portafoglio nella tasca dei pantaloni: ho di fronte un genitore, una persona che paga l’affitto e che tutti i giorni va a lavorare; non mi sfiora nemmeno l’idea che possa avere interesse a derubarmi. Tra qualche settimana mio figlio andrà in quinta elementare e il suo zaino alla fine dell’anno potrà servire ancora per un po’ ad un compagno di scuola rom che non può permetterselo: i genitori delle scuole di tutta la zona, infatti, organizzano questa raccolta ormai da due anni.

Ci sono bimbi rom che hanno trascorso insieme alle famiglie dei propri compagni di classe, gagi, le prime vacanze fuori dal campo. Esempi, esperienze che vedo moltiplicarsi, concrete, quotidiane, basate su relazioni vere, e che riempiono di significato la parola integrazione.

Storie che non hanno come protagonisti Angelina Jolie, Nelson Mandela o San Francesco. Né santi né eroi né vip. Sono storie di reciprocità, di relazione tra persone, alcune con necessità più basilari di altre, irrinunciabili, non rimandabili, acqua, cibo, casa, scuola, lavoro, sicurezza.

La strategia degli sgomberi è superata nei fatti, è priva di ogni significato, anche pratico, non giova né alla sicurezza né alla legalità. Del resto, le famiglie che non hanno trovato soluzioni migliori sono tornate nelle zone dismesse del quartiere Rubattino e anche quelle mandate al loro paese da Sarko cercheranno di fare ritorno in ogni modo.

Oltre alla mano di Florin vorrei poter stringere quella di molti altri rom lavoratori, inquilini, genitori, cittadini: mi sentirei meglio, mi sentirei più sereno nel far crescere i miei figli in questa città, avrei alcune persone in più da salutare nel quartiere e alcune in meno di cui aver paura.

Guido Maffioli, 39 anni, un papà milanese su Affaritaliani.it